La biblioteca come luogo di partecipazione e democrazia

Pubblicato nel volume “La comunicazione formativa tra teorizzazione ed applicazione”, a cura di V. Burza, Anicia, Roma, 2012.

  1. La transizione dalla cultura del libro alla civiltà digitale. Testo, utenza e democrazia
  2. La prospettiva di San Paolo del Brasile: coinvolgimento e partecipazione dei cittadini

1 – La transizione dalla cultura del libro alla civiltà digitale. Testo, utenza e democrazia.

Verba volant, scripta manent. La celebre espressione in latino sancisce la permanenza del testo scritto rispetto al testo parlato, la conservazione delle informazioni e della conoscenza tramite la scrittura, il superamento dei limiti del contesto particolare di produzione concettuale e sintattica verso una fruizione universale del contenuto del testo, tanto nel tempo quanto nello spazio. Questo comporta naturalmente la differenza tra il soggetto ascoltatore e il soggetto lettore, le cui rispettive interazioni con il testo si attengono a modi di fruizione, ossia percezione e interpretazione del contenuto, molto diversi; pertanto il testo assume significati diversi a seconda del modo in cui è prodotto, diffuso e percepito, mutando se stesso e il proprio fruitore: ciò è una caratteristica dell’evoluzione culturale tanto più evidente nei momenti di crisi e cambiamento dei modi di comunicazione.

Ogni nuova fase del percorso culturale dell’umanità è un momento di crisi, in cui si aprono prospettive di trasformazione oscillanti tra rischi e opportunità. Le nuove tecnologie digitali, il cui sviluppo è ormai rapidissimo, portano vantaggi enormi e possibilità infinite alla comunicazione, alla trasmissione e allo scambio di dati e informazioni; ma allo stesso tempo lasciano presagire la futura scomparsa di forme di sapere che per secoli hanno formato la cultura dei singoli e dei popoli. Il testo, come si è detto, ha subìto enormi modificazioni nella sua propria natura e nella percezione di esso da parte dei suoi fruitori, si può anzi constatare come i fruitori stessi, in quanto utenti delle nuove tecnologie, abbiano subìto una mutazione soggettiva rispetto al testo attraverso i mezzi di supporto che gli sono propri. L’atto di informarsi e raccogliere dati è oramai svincolato dalla carta stampata e persino dalla viva voce di qualcuno: il prodotto più importante della rivoluzione informatica, Internet, ha reso possibile il contatto tra utenti al di là dei confini materiali della propria corporeità, trasfigurando persone reali in controparti virtuali esistenti in ambienti virtuali, composti da quantità di energia trasferita, calcolata e manipolata per sopperire al contatto fisico, tanto fra utenti quanto fra utente e testo.

Per comprendere la questione conviene ripercorrere le fasi fondamentali dell’evoluzione della cultura.1 Il passaggio dalla tradizione orale alla civiltà della scrittura ha segnato la prima fase del tragitto culturale percorso dall’umanità: il sapere ha assunto la forma del testo, la cui caratteristica principale è la stabilità. Se prima gli eventi erano trasmessi in forma di racconto orale, cambiando nelle versioni di ogni oratore e a ogni passaggio da soggetto a soggetto, con l’invenzione della scrittura il racconto acquista la solidità dell’essere fissato in un corpo non manipolabile di parole e frasi incise su un supporto fisico; tale fissità ha influito sulla trasmissione delle conoscenze e sui cambiamenti soggettivi al testo, contribuendo nel corso dei secoli a uscire dalla forma del mito e a sviluppare metodi ordinati di raccolta e conservazione dei dati. Un esempio possono essere le Storie di Erodoto, primo tipo di lavoro storiografico il cui poderoso testo scritto non è modificabile da soggetti esterni, almeno non senza interventi riconoscibili come non appartenenti all’autore originario. Sulla permanenza del testo e quindi del suo significato si è speso in severe riflessioni Platone,2 per il quale l’immodificabilità del testo ne disloca il contenuto nel tempo e nello spazio al di fuori del proprio autore, rendendolo in certo modo falso perché cristallizzato in una forma assertoria e insindacabile che pretende di essere universalmente valida, senza più il suo proprio contesto spazio-temporale. Secondo il filosofo la permanenza del sapere attraverso la scrittura è illusione di conoscenza, in quanto la trasmissione dei dati induce a credere il lettore di acquisirne la verità, mentre sta solo ripetendo elaborazioni altrui senza crearne di proprie. In particolare il testo scritto sopperisce all’insegnamento, ossia all’interazione tra maestro e apprendista, eliminando la vera conoscenza che risiede nel rapporto umano, nel costante modificarsi del testo attraverso la parola e il discorso. Un testo scritto, immobile e immodificabile, finisce per Platone con l’essere muto, bisognoso del costante aiuto del proprio autore per non essere travisato, a rischio di perdere il suo significato nelle innumerevoli e talvolta indebite interpretazioni di chi ne fruisce. Non è un caso, infatti, che Platone stesso abbia sempre scelto la forma del dialogo per i suoi scritti, nel tentativo di restituire la dinamicità della conversazione esaltata da Socrate. Tutto ciò non significa però che il testo scritto non abbia un suo momento di manipolabilità: durante il processo di produzione è chiaramente possibile cambiare la forma del testo, deciderne le parole, l’ordine delle frasi e dei periodi, aggiungervi o eliminarne parti, costruirlo in determinati modi anziché altri, fino a raggiungere la stabilità e divenire un prodotto. È a questo punto che acquista la solidità finale e non può più essere soggetto a mutamenti. Questa prima fase culturale è pertanto caratterizzata dalla possibilità di diffusione del testo indipendentemente dal suo autore, dalla conseguente percezione dei suoi contenuti indipendentemente dal contesto di produzione e dalla fissazione delle informazioni in supporti cui già si può attribuire, seguendo la riflessione platonica, il doppio carico di rischi e opportunità: rischio di slegare la conoscenza dall’insegnamento3 e opportunità di conservazione e diffusione di quella stessa conoscenza.

La fase seguente vede l’automazione della scrittura grazie all’invenzione della stampa. Il libro diventa un bene alla portata di tutti, la cui diffusione diventa economica e infinitamente maggiore, lasciando scomparire il lavoro svolto dai copisti nei monasteri di tutta Europa. La carta stampata, sia in forma di libro che di giornale, diventa il supporto principale di conservazione e trasmissione della produzione culturale dell’umanità; è perciò in questa seconda fase, come vedremo più avanti, che la biblioteca sviluppa le sue caratteristiche moderne, il cui valore sociale è stato riconosciuto dall’UNESCO per la sua importanza nella società democratica.4 La stessa democrazia che però ritrova anche nelle moderne tecnologie un supporto a essa funzionale, in particolare Internet in quanto luogo della formazione di una intelligenza collettiva5attraverso l’interazione di utenti da ogni parte del mondo, i quali scambiano e integrano le proprie conoscenze ed esperienze contribuendo a creare reti di comunicazione e produzione intellettuale i cui sviluppi si innestano nel cuore della società della conoscenza, attuale evoluzione dei modi di produzione nell’era globale. La tecnologia apre pertanto una terza fase, l’era digitale, creando grandi opportunità e corrispettivi grandi rischi anche sotto questo aspetto: la virtualizzazione dei rapporti umani supera, è vero, i confini ormai angusti del corpo e del locale, ma comporta egualmente l’appiattimento della profondità del contesto reale, in cui un soggetto è calato, in una identità a una sola dimensione, piatta e costruita come lo schermo attraverso cui si esprime e interagisce con altre identità dello stesso tipo, non a caso dette avatar, ossia “incarnazioni”, aspetti diversi di entità celate dietro lo schermo stesso. La grande opportunità dell’informazione svincolata dai tradizionali mezzi di comunicazione di massa permette il superamento della mediazione giornalistica, quindi della sfiducia nell’indipendenza dei grandi comunicatori, e stimola la ricerca di fonti di prima mano e interpretazioni di segno diverso; il rischio connesso è però lo stesso dei media tradizionali, la manipolazione dei dati e la superficialità delle interpretazioni, e aumenta in mancanza della possibilità di confronto diretto e con l’aspetto assertorio che il testo assume, dando in apparenza l’idea di non lasciare spazio al dubbio.6

Pertanto all’opportunità dell’espansione degli spazi virtuali con i vantaggi che comporta, corrisponde il rischio di restringere gli spazi reali di partecipazione e condivisione del sapere, di atrofizzare lentamente la realtà personale in favore di surrogati virtuali. Questa oscillazione costante tra rischi e opportunità è tanto più evidente in questa terza fase della cultura contemporanea, in cui la conoscenza non deriva più necessariamente dalla lettura, bensì da una molteplicità di piattaforme tecnologiche. Il testo sta diventando multimediale: l’espressione del contenuto non è più solo il carattere scritto (già non più stampato su carta, bensì rappresentato su schermo e slegato da elementi riconoscibili dell’autore), ma anche immagine (statica o in movimento), suono (musica di accompagnamento, effetto sonoro o voce registrata e riprodotta), collegamento ipertestuale. A ciò si aggiunge una diversa concezione del testo per diffondere il contenuto, in modo da risultare spesso molto più conciso e rapido delle pagine di un libro. I media tradizionali sono già coinvolti in questo processo di produzione del testo, affiancando tanto Internet quanto i mezzi più recenti come gli i-Pod nella diffusione di contenuti rispetto all’utenza, dal canto suo molto ricettiva grazie ai mezzi stessi.

Di fronte a ciò risulta evidente la necessità di prepararsi in maniera adeguata alla fruizione della tecnologia7 e dunque dell’educazione all’uso dei media per la ricerca individuale e il lavoro collettivo. Questo deve avvenire anche al di fuori delle istituzioni tradizionalmente deputate alla formazione, a partire dalla scuola, in quanto non sono soltanto i giovani ad aver bisogno di educazione alla tecnologia, bensì tutte le fasce di utenti, gli adulti, gli anziani, i professionisti, i disoccupati, i portatori di handicap e ogni altra possibile categoria seguendo il principio di inclusione. L’avvento di Internet sembra fornire a tutte queste tipologie di utenti la soluzione perfetta per comunicare e acquisire informazioni in proprio, da casa o dall’ufficio, rendendo in tal modo apparentemente superflua la principale istituzione di educazione permanente e informale, la biblioteca pubblica; a questa percezione contribuisce la novità, invero ancora embrionale quanto a diffusione, degli e-books, esempio di testo scritto non stampato la cui produzione non comporta il classico libro. Nonché, in misura inferiore, degli audiolibri, nel cui caso il testo torna all’oralità trasformandola però in supporto sonoro al proprio contenuto fissato e immodificabile. Il libro di carta stampata sembra perciò destinato a scomparire e con esso l’identità moderna delle biblioteche quale luogo di incontro e studio radicato sul territorio, per tornare al solo servizio di conservazione e catalogazione delle opere.

Si tratta però di una percezione falsa, perché si basa unicamente sul rischio possibile e non prende in considerazione l’opportunità offerta alla biblioteca pubblica proprio dalla tecnologia: la fondazione di una comunità aperta a tutti i cittadini attraverso la comunicazione dialogica degli utenti presenti sul territorio. È su questo aspetto che la funzione democratica di formazione del cittadino diventa un perno per il rinnovamento della democrazia stessa. Quest’ultima tende a costruirsi dal basso mediante l’interazione tra le piccole comunità, il cui interesse risiede spesso nella formazione tesa al miglioramento delle capacità individuali per la partecipazione alla risoluzione dei problemi;8 in questa formazione la collaborazione assume un ruolo fondamentale, spinge gli individui a propendere verso il dialogo costruttivo al di là di imposizioni dettate da poteri dominanti.9 Esiste quindi una preponderanza dell’uso dell’intelligenza attraverso la comunicazione tra soggetti, comunità dialogiche10in cui la comunicazione diventa un modello di azione sociale.11 La democrazia si può rivalutare attraverso un’educazione permanente extrascolastica che riqualifichi la formazione a partire dalle comunità locali, di cui la biblioteca pubblica può essere un catalizzatore, uscendo dal suo tipico ruolo passivo per coinvolgere i cittadini in un interesse comune.

In Italia una sorta di “sfida” alle biblioteche di pubblica lettura è arrivata dalle librerie: per svecchiare l’immagine del deposito di libri buio e polveroso, immerso nel silenzio e dedicato a pochi, le librerie hanno implementato il ricorso al marketing, promuovendo se stesse come luoghi interessanti e coinvolgenti, offrendo ambienti colorati e accoglienti, con una luce adatta a mettere in risalto il contenuto degli scaffali e una disposizione dei libri concepita sul modello dei supermercati, cui si aggiunge la possibilità di sedersi e, in talune librerie più grandi e attrezzate, di usufruire dei servizi da bar; inoltre la creazione di eventi come presentazioni di libri e l’offerta di servizi di bibliografia e reperimento dei testi, caratteristici proprio delle biblioteche, contribuiscono ad attrarre la clientela. Naturalmente lo scopo delle librerie è innanzitutto commerciale; dal canto loro le biblioteche pubbliche, in particolare quelle degli enti locali, si sono evolute sin dagli anni Ottanta in veri e propri centri culturali polivalenti, mediante l’organizzazione di iniziative di carattere culturale non legate direttamente al mondo dei libri quali mostre, rassegne di film, convegni e conferenze, nonché esperimenti di “educazione all’utenza” per insegnare l’uso dei servizi e dei mezzi a disposizione. Ciononostante il ruolo sociale di queste istituzioni è sempre inteso in senso passivo, lasciando ai cittadini lo sviluppo dell’interesse nelle attività e nelle possibilità di crescita personale offerte dalla biblioteca. Un esempio di grande interesse è pertanto quello del Sistema Municipale delle Biblioteche di San Paolo del Brasile, le cui attività sono rivolte al raggiungimento dei cittadini là dove essi si trovano, con servizi di biblioteca mobile per attingere le zone della metropoli sprovviste di centri culturali, nonché iniziative di coinvolgimento della popolazione in letture e presentazioni di libri negli spazi verdi della città.

2 – La prospettiva di San Paolo del Brasile: coinvolgimento e partecipazione dei cittadini.

La preparazione alla cittadinanza, alla partecipazione democratica alla vita sociale, passa per un’educazione costante dell’individuo, una formazione che ne accompagni la crescita. Come si è visto, la biblioteca è un’istituzione dalle caratteristiche ottimali per proporre esperienze di educazione permanente, in quanto ente radicato sul territorio e quindi a diretto contatto con la realtà sociale dei cittadini; in quanto ente erogatore di servizi di pubblica utilità, aperto a tutte le fasce di utenza, improntato al principio di inclusione; in quanto ente educativo informale, fuori cioè da schemi di insegnamento prettamente scolastici, pronto a coadiuvare i propri utenti come altre istituzioni formali nella ricerca di informazioni e, soprattutto, nell’educazione per imparare a imparare, a saper utilizzare strumenti e tecnologie di informazione e comunicazione per poter interagire con altri utenti e istituzioni. Si tratta pertanto di sviluppare queste caratteristiche in senso sociale e costruire un tipo di biblioteca attiva di cui, come si è detto, è possibile avere un esempio concreto nell’esperienza del Sistema Municipal de Bibliotecas12 (SMB) di San Paolo del Brasile.

La storia delle biblioteche municipali di San Paolo è significativa per comprendere l’importanza della diffusione culturale nel sud del Brasile: essa accompagna le diverse modifiche strutturali delle istituzioni municipali a partire dalla decade degli anni Venti, quando un gruppo di intellettuali,13 coscienti della necessità di disseminare cultura, elaborarono un progetto per l’organizzazione di un dipartimento specifico per l’area della cultura; la creazione di una biblioteca rappresentava in tal senso un avanzamento per la città, portando nuove prospettive per tutti i campi del sapere. Tra il 1926 e il 1931 diversi intellettuali si dedicarono all’idea della strutturazione delle attività culturali attraverso la creazione effettiva del Departamento de Cultura; il primo passo fu una bozza di progetto di Paulo Duarte su un sistema di parchi per l’infanzia, restauro e pubblicazione di documenti storici, costruzione di teatri, biblioteche, discoteche e altro. In seguito, nel corso degli anni Trenta, il Departamento fu creato, consolidato e modificato dal sindaco Fabio Prado con atti ufficiali,14 strutturandolo in cinque sezioni iniziali:

  • Divisão de Expansão Cultural (Divisione per l’Espansione Culturale);
  • Divisão de Educação e Recreio (Divisione per l’Educazione e la Ricreazione);
  • Divisão de Documentação Historica e Social (Divisione per la Documentazione Storica e Sociale);
  • Divisão de Bibliotecas (Divisione per le Biblioteche);
  • Divisão de Turismo e Divertimentos Pubblicos (Divisione per il Turismo e i Divertimenti Pubblici – questa sezione non arrivò a essere impiantata).

Successivamente ne furono aggiunte altre, come quella per il Teatro Municipale e per le Discoteche; la prima biblioteca infantile venne creata nel 1936. Nella decade degli anni Quaranta fu costruito l’edificio che tutt’ora ospita la Biblioteca Publica Municipal (oggi intitolata a Mario de Andrade) e si costituì la Secretaria de Cultura e Higiene, in cui si accorpavano i dipartimenti di cultura, di igiene e i servizi relativi allo stadio municipale. Con la ristrutturazione burocratica del 1947 gli ambiti tornarono a separarsi in due nuove segreterie autonome, Secretaria de Higiene e Secretaria de Educação e Cultura.

Tra gli anni Cinquanta e Sessanta si ebbe una grande espansione della rete di biblioteche cittadine, grazie alla creazione di molte Bibliotecas de Bairro (biblioteche di quartiere) in tutte le regioni della metropoli; ponendo enfasi su raccolte rivolte principalmente a un pubblico di bambini e giovani, ne vennero create più di trenta. Nel 1951 il servizio delle biblioteche pubbliche fu differenziato per fascia d’età, distinguendo perciò la Divisão de Bibliotecas (per il servizio ad adulti e giovani a partire da quindici anni) dalla Divisão de Bibliotecas Infantojuvenis (per i bambini). Nel 1975 una nuova ristrutturazione della Secretaria Municipal de Cultura sostituì le Divisioni di servizio per fascia d’età con due appositi Dipartimenti, all’origine della successiva inaugurazione, nel 1982, del Centro Cultural São Paulo: sotto la sua competenza rientrano le raccolte della Pinacoteca Municipale, della Discoteca Oneyda Alvenga, della collezione della Missão de Pesquisas Folcloricas (missione di ricerche folcloristiche) di Mario de Andrade e dell’Arquivo Multimeios (archivio multimediale), oltre a un insieme di biblioteche sparse su un’area superiore ai novemila metri quadrati.

All’inizio del XXI secolo la creazione delle Subprefeituras (Delegazioni municipali) ha trasferito sotto queste l’amministrazione delle biblioteche pubbliche e per ragazzi, pur sempre sotto la supervisione della Segreteria di cultura; nel 2003 sono stati creati i CEU (Centros Educacionais Unificados), le cui biblioteche servono tanto le scuole quanto la comunità. Nello stesso periodo i due Dipartimenti della Segreteria hanno iniziato un processo di integrazione, che nel 200515 ha dato vita al Sistema Municipal de Bibliotecas (SMB), riunendo così le biblioteche centrali, quelle dei CEU, quelle di quartiere e quelle tematiche. Nel 2011 il SMB è costituito da 107 biblioteche, di cui 54 distribuite nei quartieri cittadini, quattro del Centro Cultural São Paulo, una del Centro Cultural da Juventude, una dell’Arquivo Histórico Municipal, 45 dei CEUe le due centrali (la Biblioteca Mario de Andrade16 e la Biblioteca Monteiro Lobato). Delle 54 biblioteche di quartiere, di carattere generale, otto si sono specializzate in ambiti tematici quali poesia, cultura popolare, musica, favolistica, cinema, scienze, letteratura fantastica, ecologia; è prevista per quest’anno l’apertura di una nona biblioteca dedicata alla cultura nera. Tra le quattro biblioteche del CCSP, la Biblioteca Braille è pianificata ed equipaggiata per l’utenza non vedente con libri e giornali in braille, audio-libri e postazioni internet studiate per permettere l’accesso on-line ai non vedenti; la Biblioteca Sérgio Milliet comprende libri di storia, scienze sociali, letteratura latino-americana, filosofia e religione, con una vasta emeroteca e attrezzature audiovisive; la Gibiteca Henfil è spcializzata in cultura pop e storia dei fumetti; infine la Discoteca Oneyda Alvarenga ha una corposa collezione di dischi, partiture e CD. Le 45 biblioteche dei CEU sono unità multidisciplinari destinate tanto alle scuole quanto al pubblico in generale, con archivi cartacei e multimediali a disposizione per qualsiasi tipo di ricerca, offrendo tutti i servizi di base delle altre biblioteche. Il servizio di maggiore interesse offerto dal SMB è costituito dal Sistema Móvel de Informação: si tratta di un servizio mobile di lettura e ampliamento che offre un catalogo molto vario ed è orientato a servire le comunità con difficoltà di accesso alle biblioteche. È organizzato in quattro modi principali:

  1. Ônibus-Biblioteca (autobus-biblioteca): ispirato alle parole di Mário de Andrade “invece di restare in casa ad aspettare per il tuo pubblico, vai a cercarlo dove esso si trova”, è una vera e propria biblioteca circolante su ruote, grazie a speciali autobus adattati all’esposizione dei libri e all’accoglienza degli utenti, con l’obiettivo di servire i quartieri e i villaggi sprovvisti di strutture culturali, facilitando l’accesso ai libri, cercando di incentivare l’interesse per la lettura, appoggiando l’azione educativa della scuola e offrendo opportunità di arricchimento culturale; il catalogo è composto da libri di letteratura infantile, giovanile e adulta, pubblicazioni paradidattiche, fumetti e riviste, e i procedimenti per il prestito sono gli stessi adottati nelle biblioteche municipali.17
  2. Caixa-Estante (lo “scaffale”): un servizio di fornitura di libri e altro materiale per la ricerca e il tempo libero; conta sull’appoggio di associazioni di quartiere, di enti e imprese locali, per la promozione della lettura nelle zone svantaggiate del territorio.
  3. Bosque da Leitura (bosco della lettura): iniziativa per l’offerta di un ambiente culturale alternativo nei parchi della città, incentivo stimolante all’apprendimento continuo dei cittadini; con un catalogo di letteratura, informazione e svago, si tiene la domenica e coinvolge una media di 700 utenti in ogni unità tra bambini, giovani, adulti e anziani che frequentano i parchi. Oltre a promuovere uno svago culturale, divulga i servizi bibliotecari regolari e organizza eventi come incontri con gli scrittori, letture pubbliche e il racconto di storie; attualmente vi sono otto “boschi della lettura” e grazie al successo di pubblico alcuni di essi prestano servizio anche di sabato. Accettano anche donazioni, limitatamente però a riviste, fumetti, vignette e manga.
  4. Pontos de Leitura (punti di lettura): spazi creati in alternativa alla costruzione di biblioteche pubbliche per rendere disponibile una selezione di 2000 titoli ai cittadini delle zone sprovviste degli altri servizi bibliotecari. Negli ultimi sei anni ne sono stati creati dodici.

Non c’è dubbio che l’Ônibus-Biblioteca sia una delle più importanti politiche pubbliche di cultura sull’incentivo alla lettura, con particolare attenzione a servire le zone della comunità dove le opzioni culturali sono scarse. Il riconoscimento maggiore viene proprio dalla popolazione, con l’aumento costante del numero di iscritti al servizio, del volume di prestiti effettuati e della eccezionale ricettività registrata su tutti gli itinerari.18

Sul fronte delle biblioteche universitarie, San Paolo del Brasile conta su esperienze altrettanto interessanti. La UNESP (Universidade Estadual Paulista) ha costituito la Coordenadoria Geral de Bibliotecas,19 ufficio di coordinamento di una rete di 32 biblioteche presenti nei suoi dipartimenti universitari e sperimentali, distribuita in 23 città dello Stato; scopo della rete è fornire supporto all’insegnamento, diffondere informazione e includere nel processo educativo larghe fasce di popolazione per migliorare la vita e la formazione del cittadino, sviluppare e conservare una collezione documentaria che aiuti l’utente nelle sue esigenze di ricerca, promuovendone la capacità di apprendimento. Tra i servizi offerti, la pubblicazione di periodici on-line, la realizzazione di e-books universitari e l’accesso al catalogo ATHENA, banca dati digitale che raccoglie tesi e dissertazioni dottorali oltre a numerosi testi prodotti dalla ricerca. Analogamente la USP (Universidade de São Paulo) ha elaborato il Sistema Integrado de Bibliotecas,20 ispirata alla democratizzazione dell’accesso equo all’informazione nel rispetto dell’etica, dei valori umani e della sostenibilità; scopo è l’incentivazione all’uso e alla gestione delle informazioni per contribuire all’insegnamento e alla ricerca. Le iniziative comprendono il Boletim Interação, un bollettino che rende conto dei contatti tra biblioteche, funzionari e servizi sviluppati nel Sistema, supportandone l’integrazione collaborativa come veicolo di comunicazione; il Disque Braille, un innovativo servizio sulla fornitura di libri per non vedenti; l’accesso all’archivio digitale DEDALUS, con ricerche sul catalogo generale delle biblioteche, compresi gli e-books; l’orientamento alla ricerca di informazioni sia nelle biblioteche della USP che in quelle esterne.

Abbiamo dunque in San Paolo del Brasile un esempio di attività culturale molto radicata nella realtà metropolitana di una città che, è bene tenerlo presente, conta oltre undici milioni di abitanti (arrivando fino a venti nella Região Metropolitana, costituita da 39 comuni inglobati nella megalopoli) ed è il fulcro della parte più ricca e in rapido sviluppo del Brasile, uno dei Paesi in maggiore ascesa al livello mondiale, un laboratorio di vitale importanza per la sinergia tra educazione e democrazia. Questa esperienza può essere di grande valore anche rispetto alla situazione italiana e in particolare quella meridionale e calabrese: la situazione delle biblioteche pubbliche in Italia ha una storia piuttosto travagliata che parte dal 1861, anno dell’Unità, quando il nuovo Stato nazionale assunse la direzione delle biblioteche degli stati pre-unitari in base alla ricchezza dei fondi librari; perciò in Toscana si contano sei biblioteche statali, di cui quattro a Firenze, nel Lazio ve ne sono dieci, tutte concentrate a Roma, mentre in altre regioni come la Calabria, la Basilicata, l’Umbria e il Trentino, per lungo tempo non ce ne sono state in quanto all’epoca erano considerate zone periferiche tanto dal punto di vista economico quanto da quello culturale, colonie di altre nazioni più ricche aventi altrove il proprio fulcro culturale, e i pochi istituti bibliotecari presenti non interessavano il neonato Stato unitario. L’organizzazione della cultura era in mano a pochi e i privilegi delle biblioteche statali erano preclusi alle biblioteche sotto la giurisdizione di Comuni, Province e Regioni, con scompensi di ordine amministrativo (niente finanziamenti, niente autonomia decisionale) e il risultato di lasciarle praticamente in stato di abbandono fino alla promulgazione della Legge sull’ordinamento regionale del 14/1/1972 n.3, che stabilisce la possibilità per le Regioni di legiferare in materia di biblioteche e programmarne il servizio nell’ambito del proprio territorio. Grazie a questa legge, la categoria delle biblioteche locali, ovviamente la più radicata sul territorio, ha ottenuto la possibilità che ognuna di esse abbia un proprio regolamento interno e una attenzione maggiore alle esigenze degli utenti.21

Riprendendo l’idea deweyana della costruzione dal basso della democrazia, non è azzardato ravvisare in alcune caratteristiche della situazione calabrese un quadro favorevole a questo tipo di costruzione: la frammentazione sociale della Calabria, la chiusura in se stessi di paesi e città poco disponibili all’interazione e alla collaborazione (fenomeno visibile attraverso, per esempio, lo sviluppo stentato delle strutture turistiche), è certamente un dato negativo per cui si accentuano le difficoltà di questa regione; eppure ogni paese e ogni città potrebbe formare una comunità di individui e ognuna di queste comunità interagire con le altre, proprio in virtù di una frammentazione rivista in positivo come insieme di elementi su un dato territorio. La rete comunicativa che ne risulterebbe rispecchierebbe quella comunità dialogica in cui l’interazione tra individui porta alla collaborazione per soluzioni condivise, aumentando il proprio raggio d’azione nel dialogo tra gruppi e quindi tra comunità, paesi, città. Naturalmente il capovolgimento in positivo di una caratteristica negativa parte proprio dall’educazione dei singoli a collaborare e a esser coscienti del proprio ruolo di cittadini; in questo senso la biblioteca pubblica, oggi sfruttata per lo più da pochi interessati, può invece svolgere un ruolo decisivo coinvolgendo i cittadini nella propria auto-educazione, seguendo l’esempio di attività riscontrato in Brasile, dove le comunità della Regione Metropolitana di San Paolo godono di servizi concepiti proprio a tale scopo. Lo sviluppo di poli culturali al cui centro stia la biblioteca pubblica, intesa perciò come ente di educazione alla cittadinanza attiva in contatto con le realtà locali, è necessario per un risveglio culturale e democratico della regione più arretrata del Paese. Ogni biblioteca civica potrebbe sviluppare attorno a sé una comunità attraverso tanto le iniziative concrete di attrazione del pubblico (presentazioni e dibattiti su libri e film, conferenze letterarie e giornalistiche, organizzazione di corsi di formazione ed educazione all’utenza, all’uso dei mezzi della biblioteca, corsi rivolti agli anziani e agli stranieri ecc.), quanto l’implemento della comunicazione informatica attraverso Internet, unendo uno spazio virtuale di scambio di informazioni a uno spazio reale di incontro e confronto, cui i cittadini possano accedere liberamente per arricchirsi in modo reciproco.22

Le prospettive pedagogiche legate alla biblioteca in quanto istituto di educazione permanente sono ancora da definire in maniera più concreta, tuttavia è necessario imprimere un’accelerazione ai processi di sviluppo di una pedagogia informale rivolta a tutte le fasce di cittadini, per far fronte a scenari della società della conoscenza quanto mai in rapida evoluzione. L’ascensione del Brasile a potenza economica mondiale, con tutte le contraddizioni che a un tale processo inevitabilmente si accompagnano, vede un paese con problemi sociali ancora enormi sviluppare esperienze educative in grado di fornire ai cittadini brasiliani gli strumenti per sostenere il ritmo e il peso della crescita; in Italia e in particolare nella sua regione attualmente più in recessione, la Calabria, la necessità di formare cittadini consapevoli della crisi e pronti a dare il proprio supporto è altrettanto urgente. La crisi, come già si è detto, porta in sé rischi e opportunità, pericolo di morte e speranza di rinascita: la scelta tra i due momenti dipende dalla preparazione di tutti.

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Linee guida IFLA/Unesco – http://archive.ifla.org/VII/s8/news/pg01-it.pdf

Sistema Municipal de Bibliotecas – http://www.prefeitura.sp.gov.br/cidade/secretarias/cultura/bibliotecas/

UNESP, Coordenadoria Geral de Bibliotecas – http://www.unesp.br/cgb/index_cat3_areas.php

USP, Sistema Integrado de Bibliotecas – http://www.usp.br/sibi/

Simone R., Tre paradigmi di scrittura, http://www.italianoscritto.com/interventi/testi/simone.htm

Note

1 Cfr. Raffaele Simone, La terza fase. Forme di sapere che stiamo perdendo, Laterza, Bari 2002.

2 Si veda il testo della conferenza tenuta a Venezia il 5 giugno 2000 da R. Simone Tre paradigmi di scrittura, http://www.italianoscritto.com/interventi/testi/simone.htm

3 Un possibile esempio è il rapporto tra opere ritenute “oscure” a causa del loro linguaggio complesso e gli autodidatti – per non dire dei farneticanti – i quali assumono i concetti espressi senza confrontarsi con altri punti di vista, finendo col travisare e manipolare il testo in modi talvolta del tutto contrari alle intenzioni originali degli autori. Possono considerarsi casi comuni i “seguaci” di individualisti radicali come Nietzsche o Stirner, ma anche di autori scientifici come Darwin.

4 Cfr. Manifesto IFLA/Unesco sulle biblioteche pubbliche, redatto nel 1994, e i Manifesti fondativi del 1949, del 1972 e del 1994; cfr. anche il Rapporto Delors del 1996. L’IFLA (International Federation of Library Associations and Institutions) è la federazione mondiale di associazioni di biblioteche, creata nel 1927 in Scozia per essere un forum per lo scambio di idee e per promuovere la cooperazione internazionale, la ricerca e lo svilluppo in tutti i settori connessi alle attività bibliotecarie.

5 Cfr. P. Lévy, L’intelligenza collettiva. Per un’antropologia del cyberspazio, Feltrinelli, Milano 2002 (1996)

6 Cfr. Peter Berger, Anton Zijderveld, Elogio del dubbio. Come avere convinzioni senza essere fanatici, il Mulino 2011.

7 È nota la critica di Heidegger alla tecnica, intesa come forma mentis di cui la tecnologia è un’espressione: “veramente inquietante non è che il mondo si trasformi in un completo dominio della tecnica. Di gran lunga più inquietante è che l’uomo non è affatto preparato a questo radicale cambiamento” (si veda M. Heidegger, L’abbandono (1959), Il Melangolo, Genova 1983). Sebbene risulti a suo modo superata dalla storia, resta valida in quanto ammonimento a educare e educarsi.

8 Cfr. le idee di John Dewey sulla nascita della democrazia come propensione naturale dell’uomo, in Comunità e potere, La Nuova Italia, Firenze 1971 (1927).

9 Dewey ha tracciato una interessante distinzione tra tra planned society e planning society: la società pianificata è basata su uno schema imposto dall’alto, che prevede l’adeguamento di tutta la vita sociale alle direttive che conducono verso la realizzazione di un fine determinato, quindi è sostanzialmente immobile e immobilizzante, usando una coercizione sia fisica che psicologica nel conformare le azioni ai disegni finali; ciò vale naturalmente per ogni tipo di società totalitaria, si tratti di fascismo o di stalinismo, in quanto la presupposizione di un fine assoluto verso cui tendere tronca ogni possibilità di dibattito, e quindi di cooperazione tra i cittadini. Al contrario, una società continuamente pianificatesi al suo interno è attenta al controllo sociale più ampio e articolato dei risultati della liberazione dell’intelligenza, attraverso la forma più vasta di interscambio cooperativo; il metodo democratico permette di discutere ogni finalità, promuove la collaborazione e la partecipazione a finalità congiunte. Il problema della democrazia è quello di una forma di organizzazione sociale in cui le forze individuali, oltre ad essere liberate dalle costrizioni meccaniche esterne, devono anche essere alimentate e sostenute, dirette verso la partecipazione attiva di tutte le persone mature alla formazione dei valori che regolano la vita associata, sia per il bene sociale che per lo sviluppo dei singoli esseri umani. Cfr. Liberalismo e azione sociale, La Nuova Italia, Firenze 1974 (1935).

10 Come sostiene Karl Otto Apel, ciò che sottende la comunità è il linguaggio, inteso come natura reale dell’a priori kantiano (non più interpretabile come pura struttura mentale); i soggetti incontrano difficoltà nel comunicare a causa di pregiudizi e costrizioni di natura psicologica, di auto imposizioni ideologiche e separazioni basate su condizioni sociali. Tale difficoltà deve essere superata ampliando i mezzi politici a disposizione dei cittadini, stimolando la critica dell’ideologia e ricorrendo nondimeno alle possibilità liberatorie offerte dalla psicoanalisi. La connotazione etica di questa reinterpretazione di Kant si risolve nella necessità di sviluppare la democrazia a partire dallo sviluppo del soggetto parlante, l’individuo cosciente del proprio ruolo di cittadino di fronte agli altri, per cui il diritto all’inclusione sociale necessita di una preparazione alla cittadinanza lontana dal nozionismo mnemonico tipico di certe istituzioni educative formali. Cfr. K.O. Apel, Comunità e comunicazione, Rosenberg&Sellier, 1977 (1973).

11 Secondo Jürgen Habermas, la partecipazione alla formazione dell’opinione pubblica si stabilisce in base alla struttura comunicativa; pertanto l’interazione degli attori sociali, i quali si presentano sulla scena sociale ognuno con un proprio modello comunicativo, si concretizza nel dialogo in quanto momento di ricerca dell’intesa sulle azioni da intraprendere e sulle norme di riferimento riconosciute come vincolanti. Cfr. Etica del discorso, Laterza, Bari 2009 (1983).

12 Cfr. http://www.prefeitura.sp.gov.br/cidade/secretarias/cultura/bibliotecas/

13 Tra gli altri, Mario de Andrade, Sergio Milliet, Rubens Borba de Moraes, Antonio de Alcantara Machado.

14 Atto n.861 del 30 maggio 1935; atto n.1146 del 4 luglio 1936.

15 Tramite il decreto n. 46.434 del 6 ottobre 2005.

16 La più importante di San Paolo, fondata nel 1925 e attestatasi come una delle principali istituzioni della cultura brasiliana. Detiene il secondo maggiore archivio documentale e bibliografico del Paese, contando all’incirca 3 milioni di titoli, nonché manoscritti, incunaboli, incisioni, mappe e altre opere rare prodotte tra i secoli XV e XIX.

17 Attualmente sono in circolazione nove autobus adattati a biblioteca, ognuno dei quali ha sei itinerari fissi; da notare che il servizio fu ideato e avviato nel 1937 e nel 2008 questo progetto ha vinto il premio “Viva Leitura” nella categoria delle biblioteche pubbliche, private e comunitarie.

18 http://www.prefeitura.sp.gov.br/cidade/secretarias/cultura/bibliotecas/onibus_biblioteca/

19 Cfr. http://www.unesp.br/cgb/index_cat3_areas.php

20 Cfr. http://www.usp.br/sibi/

21 Formano un insieme disomogeneo, privo di un indirizzo organizzativo unitario, ma sono accomunate dalla tendenza a essere pubbliche nel senso più vero del termine, appunto in quanto aperte alle esigenze e alle richieste dei cittadini di cui sono al servizio. Il comitato di gestione, organismo presente in quasi tutte le biblioteche locali, assicura a suo modo una amministrazione democratica dell’istituto; pur non avendo direttive nazionali per la sua composizione, ne fanno parte generalmente esponenti di tutte le forze politiche e culturali, oltre ai semplici cittadini, e ciò dovrebbe garantire la considerazione di esigenze diverse e la messa a disposizione di materiali rappresentativi di tutte le possibili posizioni culturali e politiche, dando impulso alla difesa del diritto di informazione di ogni individuo. Fatto che assume in Italia un valore ancora maggiore, se si tiene conto di politiche culturali spesso degenerate nella censura e nelle imposizioni non solo nel periodo della dittatura, ma anche nel corso della storia repubblicana.

22 Per quanto concerne le biblioteche pubbliche di orientamento generalista, sono ancora pochi i corsi diretti agli adulti sull’uso della biblioteca, come rare sono le collaborazioni tra le biblioteche e altri istituti di educazione permanente. la sostanza delle attività svolte in tal senso si risolve soprattutto nell’educazione in biblioteca all’uso delle nuove tecnologie informatiche, ossia corsi sulla fruizione di computer e internet. Esempi di tali iniziative vengono dalla Biblioteca Sala Borsa di Bologna, con vari corsi organizzati annualmente, anche per stranieri; dalla biblioteca di Bagno a Ripoli (Firenze), con un corso a numero chiuso della durata di 12 ore, mirato all’uso del catalogo elettronico e all’apprendimento di usi pratici di comunicazione in internet; dall’interessante esperimento del Sistema Bibliotecario Vimercatese, sulla collaborazione tra istituti di varia natura che si occupano di educazione permanente e il coordinamento di tutta l’offerta informativa e culturale del territorio di riferimento, organizzando corsi di lingue straniere e di alfabetizzazione informatica per promuovere l’uso di internet in biblioteca come centro di risorse informative; ancora, dalla biblioteca di Cologno Monzese, il cui Progetto “Nessuno escluso” ha dato vita a corsi rivolti a fasce di utenza tagliate fuori dalla società dell’informazione in quanto carenti delle competenze tecnologiche necessarie, in primo luogo gli anziani, ma anche casalinghe, disoccupati e disabili, che hanno maggiore difficoltà nell’approccio a servizi di cui però possono essere al contempo i fruitori maggiormente interessati. La prassi ha dato vita a un tipo di formazione “a cascata”: i primi anziani a essersi formati contribuiscono a formare gli altri, i quali a loro volta formeranno i gruppi successivi e così via.