Preparazione alla cittadinanza, educazione alla lettura e aggregazione sociale: il ruolo della biblioteca pubblica nell’era digitale
Pubblicato nel volume “Spunti Pedagogici 2”, a cura di G. Spadafora, Edizioni Periferia, 2011.
- Considerazioni su educazione e partecipazione nell’epoca contemporanea
- Sistemi bibliotecari: cenni storici e organizzazione
- Esempi italiani ed esteri di educazione all’utenza
Considerazioni su educazione e partecipazione nell’epoca contemporanea
La democrazia, come sistema politico e sociale, è caratterizzata da una instabilità perenne. Negli ultimi decenni del XX secolo si è assistito a un graduale quanto imponente sviluppo di tratti fondamentali della modernità, riassumibili nel cosiddetto paradigma della complessità, ovvero il sintomo della dinamicità instabile cui le persone sono costrette a soggiacere, adattandosi costantemente ai mutamenti di costume, tecnologia e naturalmente economia, di cui la globalizzazione del libero mercato costituisce l’esempio maggiore per incidenza nella vita quotidiana degli individui.1 L’importanza assunta dall’apprendimento, dall’informazione e dalla comunicazione rende sempre più urgente per ogni cittadino il diritto e persino il dovere di mettersi al passo con l’evoluzione sociale; imparare a ricercare e raccogliere dati e informazioni, socializzandole attraverso i mezzi di comunicazione, integrandole con le conoscenze altrui e infine convogliarle in una produzione di pensiero critico è oramai un momento costitutivo del ruolo sociale di ogni cittadino in quanto tale. Ciò significa tracciare il passaggio, nell’ambito della società dell’informazione, da un tipo di cittadinanza passiva a una presa di coscienza della partecipazione attiva al processo di formazione della democrazia, nella quale ogni individuo può contribuire alla risoluzione dei problemi sociali attraverso la condivisione del lavoro intellettuale.
Comunicazione e educazione devono pertanto camminare di pari passo. Il sempre più veloce sviluppo tecnologico sta rivoluzionando proprio il modo di cercare, raccogliere e gestire dati e informazioni: per avere un’idea di questa accelerazione, basti pensare che la radio e la televisione hanno impiegato rispettivamente 38 e 43 anni per raggiungere i cinquanta milioni di utenti, traguardo che Internet ha superato in meno di cinque anni. Si prospetta come ineludibile l’avvento della biblioteca digitale nell’ambito di una più generale “virtualizzazione” dei beni culturali,2 ma ci si interroga anche sulla trasformazione antropologica che i nuovi mezzi di comunicazione di massa stanno determinando.3
La tecnologia reca grandi e nuove opportunità che vanno sapute cogliere, unitamente a non meno grandi e pressoché sconosciuti rischi dai quali occorre difendersi, poiché, come già mezzo secolo fa si è osservato, “veramente inquietante non è che il mondo si trasformi in un completo dominio della tecnica. Di gran lunga più inquietante è che l’uomo non è affatto preparato a questo radicale cambiamento”.4
Segno dei tempi è la virtualizzazione dei rapporti interpersonali: la possibilità di comunicare attraverso uno schermo in qualsiasi punto del globo ha favorito indubbiamente lo scambio reciproco di informazioni e interazione tra individui, ma anche la possibilità di assumere un’identità monodimensionale, creata ad hoc per essere presentata al mondo virtuale; le relazioni non avvengono perciò tra persone, bensì tra avatar, “incarnazioni” rispetto alle quali manca la profondità del contesto, l’ambiente in cui quelle persone vivono, agiscono e sono influenzate.
Egualmente per quanto concerne l’informazione: l’allontanamento dai media tradizionali, spesso visti con sfiducia, spinge a ricercare le informazioni e le notizie in rete, attingendo sì a fonti di prima mano e a una pluralità di punti di vista molto stimolante, ma esponendo al rischio di prendere per buono anche ciò che è manipolato, travisato e distorto o superficiale, senza poter contare su un confronto diretto.
Indispensabile diventa pertanto la preparazione all’uso della tecnologia, intesa come mezzo a supporto delle esperienze della vita reale e non come un coacervo di surrogati virtuali cui delegare la personalità e la capacità di giudizio individuale. Il rischio maggiore è di finire col non saper guardare al futuro e che, in maniera silente, si restringano gli “spazi reali” di condivisione del sapere a favore di una illusoria partecipazione agli “spazi virtuali”.
Nel tragitto culturale percorso dall’umanità si possono individuare tre fasi. La prima coincide con l’invenzione della scrittura, la quale ha permesso di dare stabilità alle conoscenze. La seconda con l’invenzione della stampa, che secoli dopo ha reso possibile la pubblicazione a basso costo di un bene altrimenti costosissimo, il libro, ora alla portata di tutti. La terza fase si è aperta in questi anni, nei quali le cose che sappiamo, dalle più elementari alle più complesse, non le dobbiamo necessariamente al fatto di averle lette da qualche parte, ma semplicemente di averle viste in televisione, al cinema, sullo schermo di un computer, oppure sentite dalla viva voce di qualcuno, dalla radio o da un amplificatore collegato a un i-Pod.5
Non è in questione, evidentemente, il valore della tecnologia in quanto tale; ogni progresso nel campo della comunicazione e quindi anche della virtualizzazione di luoghi e rapporti comporta sempre un aumento di possibilità, cui corrisponde anche un aumento dei rischi. È la natura del progresso a includere questo bilanciamento. Infatti la comunità virtuale può essere uno strumento di crescita ed evoluzione della comunità reale: come sostiene Pierre Lévy,6 internet è uno strumento per raggiungere la cosiddetta intelligenza collettiva, ossia la collaborazione intellettuale tra persone che si scambiano idee complementari mediante la rete, integrando quindi in maniera reciproca le proprie conoscenze, la qual cosa comporta una valorizzazione comunicativa dell’uso dell’intelligenza. Non a caso un fenomeno crescente di analfabetismo di ritorno riguarda la mancanza di adattamento a questo progresso comunicativo e tecnologico, che rende sterili anche le menti un tempo dotate di solida cultura.
La comunità reale, dunque, si trova di fronte alla possibilità di aprirsi al mondo attraverso la rete, nonché al rischio di disgregarsi nel proprio tessuto di rapporti reali virtualizzandosi. Qui entra in gioco l’educazione, intesa non solo nei suoi parametri formali di istruzione giovanile bensì come educazione permanente. Se l’avvento di internet sembra rendere obsoleta una istituzione educativa assolutamente informale e aperta a tutti i cittadini qual è la biblioteca pubblica, diventa altrettanto chiaro e pregnante il ventaglio di possibilità che lo strumento della rete può aprire a vantaggio della biblioteca stessa. Questa, infatti, è di per sé un luogo di aggregazione, un’istituzione basata sul principio di inclusione, attorno alla quale può formarsi una comunità aperta al dialogo sia interno, sia verso altre comunità di cittadini. Riprendendo l’idea di John Dewey sulla nascita della democrazia,7 è dalle piccole comunità che questa viene costruendosi mediante una formazione tesa al miglioramento delle capacità e dell’intelligenza dell’individuo, una formazione lungo tutto il corso della vita adattantesi al ritmo di continuo cambiamento della società e della vita stessa.
In questa formazione la collaborazione assume un ruolo fondamentale, spinge gli individui a propendere verso il dialogo costruttivo per la risoluzione dei problemi al di là di imposizioni dettate da poteri dominanti; in un famoso testo di teoria politica8 Dewey elabora la centrale differenza tra planned society e planning society: la società pianificata è basata su uno schema imposto dall’alto, che prevede l’adeguamento di tutta la vita sociale alle direttive che conducono verso la realizzazione di un fine determinato, quindi è sostanzialmente immobile e immobilizzante, usando una coercizione sia fisica che psicologica nel conformare le azioni ai disegni finali; ciò vale naturalmente per ogni tipo di società totalitaria, si tratti di fascismo o di stalinismo, in quanto la presupposizione di un fine assoluto verso cui tendere tronca ogni possibilità di dibattito, e quindi di cooperazione tra i cittadini. Al contrario, una società continuamente pianificatesi al suo interno è attenta al controllo sociale più ampio e articolato dei risultati della liberazione dell’intelligenza, attraverso la forma più vasta di interscambio cooperativo; il metodo democratico permette di discutere ogni finalità, promuove la collaborazione e la partecipazione a finalità congiunte. Il problema della democrazia è quello di una forma di organizzazione sociale in cui le forze individuali, oltre ad essere liberate dalle costrizioni meccaniche esterne, devono anche essere alimentate e sostenute, dirette verso la partecipazione attiva di tutte le persone mature alla formazione dei valori che regolano la vita associata, sia per il bene sociale che per lo sviluppo dei singoli esseri umani.9
Si configura in questo senso quella che Karl Otto Apel definisce comunità dialogica dei soggetti parlanti:10 ciò che sottende la comunità è il linguaggio, inteso come natura reale dell’a priori kantiano (non più interpretabile come pura struttura mentale); i soggetti incontrano difficoltà nel comunicare a causa di pregiudizi e costrizioni di natura psicologica, di auto imposizioni ideologiche e separazioni basate su condizioni sociali. Tale difficoltà deve essere superata ampliando i mezzi politici a disposizione dei cittadini, stimolando la critica dell’ideologia e ricorrendo nondimeno alle possibilità liberatorie offerte dalla psicoanalisi. La connotazione etica di questa reinterpretazione di Kant si risolve nella necessità di sviluppare la democrazia a partire dallo sviluppo del soggetto parlante, l’individuo cosciente del proprio ruolo di cittadino di fronte agli altri, per cui il diritto all’inclusione sociale necessita di una preparazione alla cittadinanza lontana dal nozionismo mnemonico tipico di certe istituzioni educative formali. La comunicazione diventa allora, secondo Jurgen Habermas,11 un modello di azione sociale. La partecipazione alla formazione dell’opinione pubblica si stabilisce in base alla struttura comunicativa; pertanto l’interazione degli attori sociali, i quali si presentano sulla scena sociale ognuno con un proprio modello comunicativo, si concretizza nel dialogo in quanto momento di ricerca dell’intesa sulle azioni da intraprendere e sulle norme di riferimento riconosciute come vincolanti.
La democrazia appare come una propensione naturale dell’uomo, da rivalutare attraverso un’educazione permanente extrascolastica riqualificante la formazione a partire dalle comunità locali. Il potere costituito, da intendere nel senso generico di status quo, spesso svilisce l’impulso al dialogo per mantenere intatta la sua struttura di controllo; i tentativi di uscire dall’instabilità attraverso la solida costruzione dell’ordine sociale tendono ad assumere contorni antidemocratici, imponendo scelte cui solo un cittadino cosciente può rispondere e discutere.
Sistemi bibliotecari: cenni storici e organizzazione
Quale ruolo residui alla biblioteca di pubblica lettura in un contesto di educazione lungo tutto il corso della vita, tra formazione del cittadino e rapporto con le nuove tecnologie, è oggetto di ricerca. Storicamente il primo e più importante esempio è la public library inglese, di cui possiamo ricordare quella del British Museum nella sala a pianta circolare, fondata nel 1857 e aperta non solo a professori, ricercatori e studenti, ma a chiunque volesse usufruirne; la possibilità di una libera fruizione era comunque sostanzialmente passiva, lasciando al singolo individuo l’iniziativa di avvalersene. Il concetto dell’inclusione democratica si sposava all’individualismo tipico della cultura anglosassone, alquanto scevro di stimoli alla partecipazione e alla condivisione. Altri esempi in direzioni diverse si hanno con le biblioteche popolari a cavallo tra Ottocento e Novecento, nelle quali la funzione pedagogica della distribuzione dei libri è dettata da progetti di natura politica o religiosa, tra i tentativi di formare coscienze di classe e quelli di diffondere la conoscenza dei testi sacri. L’incoraggiamento all’autoapprendimento e all’educazione per gli adulti è legato all’azione di movimenti radicati in precisi contesti storico-sociali, nonché di associazioni dotate di biblioteche itineranti (i cui libri venivano acquistati grazie alle quote associative e poi fatti circolare tra gli aderenti), fino alla costituzione di una Federazione italiana delle Biblioteche popolari nel 1909.
A partire dal secondo dopoguerra si formano sistemi nazionali di biblioteche aperte e destinate a tutti in forza dei princìpi democratici. In effetti la biblioteca catalizza le posizioni critiche verso le istituzioni educative tradizionali, rappresentando innovazione e alternativa; essa è perciò necessariamente già proiettata in una nuova prospettiva educativa e deve investirsi di nuove responsabilità. Vari riconoscimenti nel corso del secolo hanno legittimato lo stato della biblioteca pubblica quale agenzia del cambiamento, prodotto della moderna democrazia per l’educazione popolare, sensibile ai bisogni degli utenti e pronta ad adeguare i propri servizi. Il progetto dell’International Federation of Library Associations and Institutions, creata nel 1927 in Scozia per essere un forum per lo scambio di idee e per promuovere la cooperazione internazionale, la ricerca e lo svilluppo in tutti i settori connessi alle attività bibliotecarie, ha ricevuto sostegno dall’Unesco nel Manifesto del 1994, in cui si riconosce a queste il ruolo di accesso locale alla conoscenza, tramite cui si forniscono le condizioni di base della capacità di scelta e dello sviluppo culturale dell’individuo e dei gruppi sociali. La biblioteca ha avuto quindi un forte impulso come sede di processi educativi e di apprendimento informali, in collaborazione con gli enti ufficiali.
In Italia, il sistema bibliotecario nazionale ha raggiunto una diffusione e una strutturazione imponenti. Le biblioteche pubbliche sono un luogo di conservazione del patrimonio librario radicato sul territorio, a diretto contatto con le realtà locali più diverse, distinguendosi in base all’ente di appartenenza e offrendo servizi differenti in base alle fasce d’utenza che intendono includere; quelle statali sono distribuite sul territorio nazionale in modo piuttosto irregolare, principalmente al centro e al nord, situazione derivante dalla dislocazione delle biblioteche nei centri culturali degli Stati preunitari, la cui direzione fu poi assunta dallo Stato italiano a partire dal 1861 in base alla ricchezza dei fondi librari. Perciò in Toscana si contano sei biblioteche statali, di cui quattro a Firenze; nel Lazio ve ne sono dieci, tutte concentrate a Roma; in altre regioni, come la Calabria, la Basilicata, l’Umbria e il Trentino, per lungo tempo non ce ne sono state in quanto all’epoca erano considerate zone periferiche non solo dal punto di vista economico, ma anche della cultura in quanto erano ancora considerate colonie di altre nazioni più ricche, aventi altrove il proprio fulcro culturale, e i pochi istituti bibliotecari presenti non interessavano il nuovo Stato nazionale. Scompensi del genere derivavano dalla concentrazione nelle mani di pochi della cultura e della sua organizzazione. La cura e i privilegi riservati alle biblioteche statalizzate, inoltre, mancavano del tutto alle biblioteche affidate agli enti locali e finché Comuni, Province e Regioni non ebbero né finanziamenti, né autonomia di azione, lasciarono queste ultime in stato di abbandono fino al 1972.12
Tra le biblioteche statali, presenti in tutte le grandi città, le due più importanti sono le Biblioteche Nazionali Centrali di Roma e Firenze, nelle quali viene raccolto l’intero patrimonio stampato su carta nel territorio italiano, dai libri ai quotidiani, ai manifesti, alle edizioni d’arte ecc., come stabilito dalla legge sul deposito obbligatorio,13 che prevede la consegna alle suddette biblioteche di una “copia d’obbligo” di ogni cosa venga stampata; a loro volta, le due biblioteche pubblicano la Bibliografia nazionale italiana e il Bollettino delle opere moderne straniere, con cui si ha un quadro completo di tutte le opere reperibili nelle biblioteche statali. Le altre biblioteche nazionali hanno un ruolo più dedicato al territorio in cui operano, conservando il patrimonio librario locale e ricevendo copia di tutto ciò che viene stampato nelle province di appartenenza, per documentare la cultura della propria Regione. Essendo pubblici, questi istituti bibliotecari offrono la lettura di opere relative a tutti i campi del sapere, distinguendosi dalle biblioteche di conservazione, il cui compito è appunto quello di conservare libri antichi, rari e preziosi; e dalle biblioteche specializzate, che offrono testi relativi a un campo specifico di studio.
La categoria più radicata nel territorio è, naturalmente, quella delle biblioteche degli enti locali. Per la legge del 1972, ognuna di esse ha un proprio regolamento interno e si caratterizza per la storia della sua fondazione, per le dimensioni dell’edificio che la ospita e per l’entità del patrimonio documentario che possiede. Formano un insieme disomogeneo, privo di un indirizzo organizzativo unitario, ma sono accomunate dalla tendenza a essere pubbliche nel senso più vero del termine, in quanto sono aperte alle esigenze e alle richieste dei cittadini di cui sono al servizio. Il comitato di gestione, organismo presente in quasi tutte le biblioteche locali, assicura a suo modo una amministrazione democratica dell’istituto; pur non avendo direttive nazionali per la sua composizione, ne fanno parte generalmente esponenti di tutte le forze politiche e culturali, oltre ai semplici cittadini, e ciò dovrebbe garantire la considerazione di esigenze diverse e la messa a disposizione di materiali rappresentativi di tutte le possibili posizioni culturali e politiche, dando impulso alla difesa del diritto di informazione di ogni individuo. Fatto che assume in Italia un valore ancora maggiore, se si tiene conto di politiche culturali spesso degenerate nella censura e nelle imposizioni non solo nel periodo della dittatura, ma anche nel corso della storia repubblicana.
Questo tipo di biblioteche si è evoluto nel corso degli anni in veri e propri centri culturali polivalenti, mediante l’organizzazione di iniziative di carattere culturale non legate direttamente al mondo dei libri quali mostre, rassegne di film, convegni e conferenze. Un passo fondamentale, presto imitato e rivisitato a scopo commerciale dalle librerie, per svecchiare l’immagine della biblioteca come luogo chiuso, buio e polveroso, rendendola capace di suscitare interesse e curiosità senza però mettere in secondo piano, come pure si rischia, il compito principale, quello di offrire servizi sull’informazione scritta, educare alla lettura, fornire strumenti per la ricerca, l’individuazione di argomenti, la capacità di discernimento e di rielaborazione.
Esempi italiani ed esteri di educazione all’utenza
La biblioteca pubblica si pone, dunque, come luogo aperto alla cittadinanza, possibile punto di aggregazione per la comunità locale e istituto di autoformazione dell’individuo, nell’orizzonte delle attività di educazione permanente. In quest’ottica, l’attività di maggior rilievo tra i vari servizi offerti è la cosiddetta educazione all’utenza, ossia la preparazione specifica all’uso della biblioteca, sia rispetto alle strutture che ai mezzi a disposizione come l’internet. Esempi di interesse sono riscontrabili principalmente all’estero, mentre in Italia questa attività sembra caratterizzare più che altro le biblioteche universitarie e scolastiche, dato il preponderante numero di studenti, professori e ricercatori con esigenze particolari nella fruizione degli archivi, dalla redazione delle tesi ai lavori di ricerca correlati ai corsi di studio.14
La situazione si presenta differente invece per quanto concerne le biblioteche pubbliche di orientamento generalista. Sono ancora pochi i corsi diretti agli adulti sull’uso della biblioteca, come rare sono le collaborazioni tra le biblioteche e altri istituti di educazione permanente;15 la sostanza delle attività svolte in tal senso si risolve soprattutto nell’educazione in biblioteca all’uso delle nuove tecnologie informatiche, ossia corsi sulla fruizione di computer e internet. Esempi di tali iniziative vengono dalla Biblioteca Sala Borsa di Bologna,16 con vari corsi organizzati annualmente, anche per stranieri; dalla biblioteca di Bagno a Ripoli, Firenze,17 con un corso a numero chiuso (14 partecipanti) della durata di 12 ore, mirato all’uso del catalogo elettronico e all’apprendimento di usi pratici di comunicazione in internet; dall’interessante esperimento del Sistema Bibliotecario Vimercatese,18 sulla collaborazione tra istituti di varia natura che si occupano di educazione permanente e il coordinamento di tutta l’offerta informativa e culturale del territorio di riferimento, organizzando corsi di lingue straniere e di alfabetizzazione informatica per promuovere l’uso di internet in biblioteca come centro di risorse informative; ancora, dalla biblioteca di Cologno Monzese, il cui Progetto “Nessuno escluso”19 ha dato vita a corsi rivolti a fasce di utenza tagliate fuori dalla società dell’informazione in quanto carenti delle competenze tecnologiche necessarie, in primo luogo gli anziani, ma anche casalinghe, disoccupati e disabili, che hanno maggiore difficoltà nell’approccio a servizi di cui però possono essere al contempo i fruitori maggiormente interessati. La prassi ha dato vita a un tipo di formazione “a cascata”: i primi anziani a essersi formati contribuiscono a formare gli altri, i quali a loro volta formeranno i gruppi successivi e così via.
All’estero si contano molti casi ed esperienze differenti di trasformazione delle biblioteche in sistemi organizzati per l’educazione permanente, a cominciare dalla Scandinavia. Si è formato un movimento di centri di risorse per l’apprendimento che è un modello di sviluppo dei processi di apprendimento indipendente e costruzione attiva dei contenuti della conoscenza, ossia sviluppo della capacità individuale e collettiva di costruire e organizzare le proprie conoscenze; queste “palestre” educative si concentrano sulla dimensione sociale e collaborativa dell’apprendimento, inteso come dinamico e attivo già nell’offerta delle infrastrutture. Le risorse infatti riguardano anche i luoghi, alternando sale per la lettura indipendente a sale per lo studio e aule per seminari e lavori di gruppo, postazioni informatiche individuali e di gruppo, il che consente un’ampia scelta di modalità di lavoro in base alle esigenze di ogni utente. In Norvegia, di fronte alla crescente richiesta di risorse per l’autoapprendimento, si è costituita una rete di istituzioni territoriali, centri di studio e laboratori che erogano educazione permanente, nei quali una particolare attenzione è dedicata all’aggiornamento delle competenze dello staff bibliotecario, il cui apporto è fondamentale al funzionamento delle strutture nel continuo rapporto con le fasce di utenza coinvolte. In Danimarca le biblioteche di Tranbjerg e Otterup collaborano con le scuole per sviluppare negli studenti la responsabilità sociale e l’attitudine all’apprendimento permanente, preparandoli alla partecipazione alla vita comunitaria; così pure nella vicina Svezia, dove esiste una stretta collaborazione tra sistemi educativi formali e informali nell’ottica di un continuum tra competenza e apprendimento. L’innovazione e la sperimentazione di queste realtà fungono da traino per lo sviluppo delle biblioteche di tutta Europa.20
In Inghilterra, dove è nata la public library, è da tempo in atto il progetto The People’s Network, una rete di connessione comune a tutte le biblioteche con cui ogni utente ha la possibilità di collegarsi in linea e apprendere le abilità informatiche di base:21 il vantaggio è di attrarre fasce di utenza le cui difficoltà non si limitano all’informatica bensì riguardano anche il leggere e lo scrivere, aree problematiche la cui soluzione può essere trovata proprio attraverso l’apprendimento e il superamento delle lacune informatiche. Difatti è possibile, tramite la connessione in biblioteca, accedere al programma RaW e a Learndirect: il primo (“Reading and Writing”) aiuta a migliorare le abilità di scrittura e di lettura dell’utente, la seconda è una rete di e-learning con un’ampia offerta formativa.22 In questo modo le biblioteche inglesi diventano dei centri per l’apprendimento in cui, oltre alla formazione informatica, si attuano corsi di scrittura creativa, conversazione, lingua inglese per stranieri, genealogia ecc., nonché il servizio IAG23 di orientamento su opportunità di formazione e lavoro per facilitare l’ingresso nel mercato del lavoro, a vantaggio specialmente delle classi svantaggiate.
Tra i numerosissimi ulteriori esempi, risultano di estremo interesse alcuni esperimenti sviluppati in Brasile per l’educazione alla lettura e l’alfabetizzazione, in particolare nello Stato di São Paulo. A titolo di esempio, prendiamo alcune biblioteche universitarie24 per i servizi che offrono: la UNESP (Universidade Estadual Paulista) ha costituito la Coordenadoria Geral de Bibliotecas,25 ufficio di coordinamento di una rete di 32 biblioteche presenti nei suoi dipartimenti universitari e sperimentali, distribuita in 23 città dello Stato; scopo della rete è fornire supporto all’insegnamento, diffondere informazione e includere nel processo educativo larghe fasce di popolazione per migliorare la vita e la formazione del cittadino, sviluppare e conservare una collezione documentaria che aiuti l’utente nelle sue esigenze di ricerca, promuovendone la capacità di apprendimento. Tra i servizi offerti, la pubblicazione di periodici on-line, la realizzazione di e-books universitari e l’accesso al catalogo ATHENA, banca dati digitale che raccoglie tesi e dissertazioni dottorali oltre a numerosi testi prodotti dalla ricerca. Analogamente la USP (Universidade de São Paulo) sta elaborando il Sistema Integrado de Bibliotecas,26 ispirata alla democratizzazione dell’accesso equo all’informazione nel rispetto dell’etica, dei valori umani e della sostenibilità; scopo è l’incentivazione all’uso e alla gestione delle informazioni per contribuire all’insegnamento e alla ricerca. Le iniziative comprendono il Boletim Interação, un bollettino che rende conto dei contatti tra biblioteche, funzionari e servizi sviluppati nel Sistema, supportandone l’integrazione collaborativa come veicolo di comunicazione; il Disque Braille, un innovativo servizio sulla fornitura di libri per non vedenti; l’accesso all’archivio digitale DEDALUS, con ricerche sul catalogo generale delle biblioteche, compresi gli e-books; l’orientamento alla ricerca di informazioni sia nelle biblioteche della USP che in quelle esterne.
Per quanto riguarda le biblioteche pubbliche, la più importante di São Paulo è la Biblioteca Mário de Andrade,27 fondata nel 1925 e attestatasi come una delle principali istituzioni della cultura brasiliana. Detiene il secondo maggiore archivio documentale e bibliografico del Paese, contando all’incirca 3 milioni di titoli, nonché manoscritti, incunaboli, incisioni, mappe e altre opere rare prodotte tra i secoli XV e XIX. Nella decade tra gli anni Cinquanta e gli anni Sessanta la BMA è diventata una delle due biblioteche centrali del Sistema Municipal de Bibliotecas,28 composto da 107 biblioteche di cui 54 distribuite nei quartieri cittadini, quattro del Centro Cultural São Paulo, una del Centro Cultural da Juventude, una dell’Arquivo Histórico Municipal, 45 dei Centros Educacionais Unificados e le due centrali (la BMA e la Biblioteca Monteiro Lobato); la stima annuale di utenti ammonta a circa quattro milioni di consultazioni.
Delle 54 biblioteche di quartiere, di carattere generale, otto si sono specializzate in ambiti tematici quali poesia, cultura popolare, musica, favolistica, cinema, scienze, letteratura fantastica, ecologia; è prevista per quest’anno l’apertura di una nona biblioteca dedicata alla cultura nera. Tra le quattro biblioteche del CCSP, la Biblioteca Braille è pianificata ed equipaggiata per l’utenza non vedente con libri e giornali in braille, audio-libri e postazioni internet studiate per permettere l’accesso on-line ai non vedenti; la Biblioteca Sérgio Milliet comprende libri di storia, scienze sociali, letteratura latino-americana, filosofia e religione, con una vasta emeroteca e attrezzature audiovisive; la Gibiteca Henfil è spcializzata in cultura pop e storia dei fumetti; infine la Discoteca Oneyda Alvarenga ha una corposa collezione di dischi, partiture e CD. Le 45 biblioteche del CEU sono unità multidisciplinari destinate tanto alle scuole quanto al pubblico in generale, con archivi cartacei e multimediali a disposizione per qualsiasi tipo di ricerca, offrendo tutti i servizi di base delle altre biblioteche.
Il servizio di maggiore interesse offerto dal SMB è costituito dal Sistema Móvel de Informação: si tratta di un servizio mobile di lettura e ampliamento che offre un catalogo molto vario ed è orientato a servire le comunità con difficoltà di accesso alle biblioteche. È organizzato in quattro modi principali: la Caixa-Estante (lo “scaffale”) è un servizio di fornitura di libri e altro materiale per la ricerca e il tempo libero, e conta sull’appoggio di associazioni di quartiere, di enti e imprese locali, per la promozione della lettura nelle zone svantaggiate del territorio. L’Ônibus-Biblioteca è ispirato alle parole di Mário de Andrade “invece di restare in casa ad aspettare per il tuo pubblico, vai a cercarlo dove esso si trova”: è infatti una vera e propria biblioteca circolante su ruote, grazie a speciali autobus adattati all’esposizione dei libri e all’accoglienza degli utenti, con l’obiettivo di servire i quartieri e i villaggi sprovvisti di strutture culturali, facilitando l’accesso ai libri, cercando di incentivare l’interesse per la lettura, appoggiando l’azione educativa della scuola e offrendo opportunità di arricchimento culturale; il catalogo è composto da libri di letteratura infantile, giovanile e adulta, pubblicazioni paradidattiche, fumetti e riviste, e i procedimenti per il prestito sono gli stessi adottati nelle biblioteche municipali.29
Il terzo servizio è il Bosque da Leitura, ossia l’offerta di un ambiente culturale alternativo nei parchi della città, incentivo stimolante all’apprendimento continuo dei cittadini; con un catalogo di letteratura, informazione e svago, si tiene la domenica e coinvolge una media di 700 utenti in ogni unità tra bambini, giovani, adulti e anziani che frequentano i parchi. Oltre a promuovere uno svago culturale, divulga i servizi bibliotecari regolari e organizza eventi come incontri con gli scrittori, letture pubbliche e il racconto di storie; attualmente vi sono sette “boschi della lettura” e grazie al successo di pubblico alcuni di essi prestano servizio anche di sabato. Accettano anche donazioni, limitatamente però a riviste, fumetti, vignette e manga. Infine, il quarto servizio è costituito dai Punti di Lettura, spazi creati in alternativa alla costruzione di biblioteche pubbliche per rendere disponibile una selezione di 2000 titoli ai cittadini delle zone sprovviste degli altri servizi bibliotecari. Negli ultimi cinque anni ne sono stati creati undici.
Il Brasile, uno dei Paesi in maggiore ascesa al livello mondiale per sviluppo economico, può essere considerato un laboratorio di vitale importanza per la sinergia tra educazione e democrazia. La storia brasiliana passa per il colonialismo, le dittature e l’apertura alla democrazia con uno slancio che non è esagerato definire entusiastico verso il futuro; i grandi contrasti, le enormi disparità sociali e la fragilità ancor più evidente della sua forma democratica lo rendono emblematico di quella instabilità costante da cui possono scaturire crisi terribili e al contempo feconde per la rinascita sociale dei suoi cittadini, un esempio di quanto importante sia mantenere alto l’impegno educativo permanente di fronte alle sfide dell’ignoranza, della paura e della cecità del potere. Una cittadinanza attiva, potere costituente contrapposto al potere costituito, richiede questo impegno quanto più complicato si prospetta il futuro prossimo della società.
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Vygotskij L., Psicologia pedagogica, Edizioni Erickson, Gardiolo 2006 (1926).
Id., Pensiero e linguaggio, Giunti, Firenze-Milano 2007 (1934).
Vecchiet R., Per una storia delle biblioteche popolari in Italia, in “Biblioteche oggi”, n. 3 e 5, 1992.
Wiklund A., Hansson J., “Lifelong Learning”, in Scandianvian Public Library Quarterly, n.21-23.
Note
1 È opportuno sottolineare la specificità del termine “globalizzazione” come categoria storica riferita principalmente allo sviluppo economico del Primo Mondo, distinguendola cioè da altri termini simili quali “internazionalizzazione”, “universalizzazione” e “mondializzazione”, le cui accezioni richiamano aspetti politici e sociali non solo economici, ma anche culturali, nel quadro dello sviluppo delle realtà emergenti e post-coloniali. Per una disamina di tali differenze, cfr. http://coisrivista.unical.it/globalizzazione.htm.
2 P. Galluzzi, Museo virtuale, in AA.VV., XXI secolo – Gli spazi e le arti, Enciclopedia Treccani, 2010.
3 U. Galimberti, I miti del nostro tempo, Feltrinelli, Milano 2009.
4 M. Heidegger, L’abbandono, Il Melangolo, Genova 1983 (1959).
5 R. Simone, La terza fase. Forme di sapere che stiamo perdendo, Laterza, Bari 2002.
6 P. Lévy, L’intelligenza collettiva. Per un’antropologia del cyberspazio, Feltrinelli, Milano 2002 (1996).
7 J. Dewey, Comunità e potere, La Nuova Italia, Firenze 1971 (1927).
8 J. Dewey, Liberalismo e azione sociale, La Nuova Italia, Firenze 1974 (1935).
9 J. Dewey, Democrazia e educazione, La Nuova Italia, Firenze 1992(1916).
10 K.O. Apel, Discorso, verità, responsabilità, Guerini e Associati, 1997 (1988).
11 J. Habermas, Teoria dell’agire comunicativo, 2 voll., Il Mulino, Bologna 1986 (1981).
12 Anno della Legge sull’ordinamento regionale, del 14/1/1972 n. 3, che stabilisce la possibilità per le Regioni di legiferare in materia di biblioteche e programmarne il servizio nell’ambito del suo territorio.
13 Legge sul diritto di stampa e norme sul deposito obbligatorio degli stampati, del 2/2/1939 n. 374, modificata parzialmente con Legge del 31/8/1945 n. 660.
14 R. Giangrande, “L’apprendimento nella biblioteca universitaria”, in AIB notizie, X (1998), n. 9.
15 I. Poggiali, Biblioteche e apprendimento continuo degli adulti in Italia, in Input n. 89/90, anno 11, 2005.
16 Cfr. http://www.bibliotecasalaborsa.it
17 Cfr. http://www.comune.bagno-a-ripoli.fi.it/biblioteca/iniziative
18 Cfr. http://www.sbv.mi.it/sistema/
19 Cfr. http://biblioteca.colognomonzese.mi.it/
20 A. Wiklund, J. Hansson, “Lifelong Learning”, in Scandianvian Public Library Quarterly, n. 21-23.
21 Cfr. http://www.peoplesnetwork.gov.uk/
22 Cfr. http://www.learndirect.co.uk/
23 Information, Advice and Guidance.
24 Per una lista dei siti di varie biblioteche universitarie brasiliane collegate tra loro, cfr. http://www.biblioteca-servicos.ufc.br/links.html, del Sistema de Bibliotecas da Universidade Federal do Ceará.
25 Cfr. http://www.unesp.br/cgb/index_cat3_areas.php
26 Cfr. http://www.usp.br/sibi/
27 La biblioteca è intitolata al primo direttore del Departamento de Cultura da cidade de São Paulo.
28 Cfr. http://www.prefeitura.sp.gov.br/cidade/secretarias/cultura/bibliotecas/
29 Attualmente sono in circolazione quattro autobus adattati a biblioteca; da notare che nel 2008 questo progetto ha vinto il premio “Viva Leitura” nella categoria delle biblioteche pubbliche, private e comunitarie.